7. Rimborsabilità dei farmaci antifumo.
All'estero si fa.
La Prevenzione dei Fattori di Rischio e la Questione della
Rimborsabilità
Il punto di vista del Servizio Sanitario Nazionale, ed in particolare
dell’organismo deputato alla valutazione dell’efficacia, della sicurezza e della
economicità dei farmaci, la Commissione Unica del Farmaco, è solidale con la Società nel riconoscere
l’assistenza farmaceutica come un diritto acquisito dal cittadino. Solidale con la cura, solidale con alcune forme di prevenzione
ma non con tutte, sebbene di queste si sia dimostrata l’efficacia nel prevenire
patologie invalidanti e onerose per la società.
Per quanto sia ufficialmente entrata nel gergo dei tecnici professionisti sanitari, decisori ed
erogatori dell’assistenza, la farmacoeconomia stenta ancora ad essere utilizzata
per razionalizzare l’uso delle risorse medico assistenziali nel contesto
dell’intero processo sanitario. Vero è che in alcuni casi è più semplice identificare il farmaco come un
investimento da affrontare e non come un costo da subire, per prevenire l’uso di
risorse più onerose, i ricoveri ospedalieri, in RSA o case famiglia, le giornate
di terapia intensiva, il day
hospital sino alle visite specialistiche ambulatoriali. Questi vantaggi
economici in termini di risparmio
sulle conseguenze sono stati dimostrati anche nel nostro paese per svariate
categorie farmacologiche e soprattutto per gli antipsicotici, gli
antipertensivi, gli antiinfiammatori.
Su altri farmaci la scelta è più complessa: la ricerca a tutti i costi
del risparmio sulle ospedalizzazioni, la posizione di “cost-saving”, è una strada ardua da
percorrere se si deve comunque pagare una terapia farmacologica per la durata
intera di una vita, o se un prodotto ha un prezzo superiore anche oltre le dieci
volte al prezzo medio della classe
di riferimento, ma si è dimostrato comunque più efficace. Entra in gioco quindi
un’altro concetto, quanto si è disposti a pagare per quel miglioramento aggiunto
di salute: in alcuni paesi è stato concordato un tetto sconsigliabile da
superare per anno di vita salvata,
50.000 $ negli Stati Uniti, 100.000 $ Canadesi (per QALY, anni corretti per la
qualità della vita), indifferentemente quindi dalle modalità di finanziamento
dell’assistenza sanitaria nel paese.
In Italia non esiste sulla carta una indicazione numerica in milioni che
ci dice sino a quando si può spendere in rapporto alla sopravvivenza del
paziente: questo è un vantaggio perchè non viene preclusa la possibilità di
sperimentare nuovi interventiassistenziali di alto costo di sviluppo, ma è al
tempo stesso un limite perchè non dà la possibilità di confrontarsi con gli
altri paesi e di porsi un limite date la ristrettezza economica in cui ci è dato
di operare. Scelte che rasentano l’etica si pongono a coloro che decideranno
quanto investire in una campagna di
educazione contro il fumo sulla popolazione, che interessa milioni di
persone, quindi ad un basso costo
per singolo utente interessato e quanto spendere invece per l’armamentario terapeutico di ciascun
paziente terminale.
Sulla cura, sulla prevenzione secondaria viviamo in un paese che
garantisce i mezzi economici per la terapia farmacologica: sulla prevenzione
primaria e su quello che avviene ancora prima, l’educazione ad uno stile di vita
portatore di benessere, dove il
confine tra fattore di rischio e patologia dichiarata è sottile, il ruolo del
decisore nei confronti dei presidi farmacologici che potrebbero rappresentare un
investimento per preservare lo stato di salute non si dimostra solidale con il
cittadino.
I sussidi farmacologici per aiutare l’organismo nella disassuefazione al
fumo, dipendenza riconosciuta dall’OMS come una patologia e non più solo come un
fattore di rischio, oggi non sono rimborsati dallo Stato Italiano, dagli altri Stati Europei, nè dai
sistemi Medicare e Medicaid.
Tra questi prodotti che hanno diversi meccanismi d’azione ve ne sono di
più e di meno efficaci, di minore e maggiore maneggevolezza (prodotti da banco e
da prescrizione) ma comunque associati a degli interventi di supporto
psicologico, hanno dimostrato percentuali di esito favorevole all’interruzione
del fumo comprese tra il 20 ed il 40% sul numero di persone che ha desiderato
interrompere il fumo. Quest’anno, in Lombardia ed in Emilia Romagna sono stati avviati dei
progetti di lotta contro il fumo: i medici di medicina generale ricevono un
compenso per ogni assistito che smette di fumare. Teoricamente, dovrebbe essere
già nella “missione” del medico quella di educare i pazienti a non bere, non
fumare e non ingrassare, senza necessità di alcun incentivo.
Ma tra il limitarsi ad una semplice raccomandazione e prendere per mano il
paziente guidandolo a interrompere un habitus che gli dà piacere passa una bella
differenza in termini di tempo investito, competenze necessarie e risorse
richieste. Nel programma, la spesa della terapia farmacologica necessaria per
gestire la crisi di disassuefazione è a carico del cittadino: questo, a nostro
avviso, toglie una garanzia di successo migliore su un progetto che poggia su un
terreno così fragile, la volontà del fumatore.
Solo pochi piani di Managed Care negli Stati Uniti effettuano rimborso di
questi prodotti, come ad esempio QualMed Washington Health Plan, che rimborsa
sino a 250$ per paziente su tre mesi per la terapia di sostituzione della
nicotina. Altre organizzazioni private non effettuano questo
servizio in quanto le tariffe per gli assistiti sono più elevate per un
fumatore, invogliando quindi la stessa clientela a modificare lo stile di vita
per avere uno sconto sul prezzo del programma di
assistenza.
La terapia farmacologica all’obesità, attualmente non rimborsata dal
Servizio Sanitario Nazionale è un
altro caso che merita un approfondimento:
l’obesità è la risultante di una serie di fattori, genetico, psicologico,
abitudinario, e rappresenta un rischio comprovato per l’artrosi, le cardiopatie,
le neurovasculopatie, patologie che conducono a gravi disabilità, la cui cura non
rappresenta quindi solo il trattamento di un fattore antiestetico. Anche in
questo caso, l’approccio ottimale
al paziente consiste in una serie di interventi famacologici e di supporto
psicologico. Mentre l’American
Obesity Association lotta per far riconoscere l’obesità come una malattia ed una
seria minaccia per la società, anche qui, Medicare e Medicaid non rimborsano la
cura per l’obesità: vi è comunque
una proposta da parte del presidente Clinton di inserire questi prodotti,
assieme ai sussidi farmacologici per l’interruzione del fumo, a quelli per la
cura della sterilità, nel regime di rimborsabilità.
In Italia, al 1998, risultava che nel 30% degli ospedali ci fosse un
tasso di ospedalizzazione inferiore al 50%: il nuovo Piano Sanitario Nazionale
ha sancito l’importanza delle conversione delle strutture e delle
professionalità ed è assolutamente coerente con il potenziamento della
prevenzione. Ma una prevenzione solidale con il cittadino ne sostiene tutti
i mezzi essenziali per migliorare lo stile di vita. Basta
leggere le prime frasi di due
articoli pubblicati sul New England Journal of Medicine nel numero del 9 marzo
del 2000 “Smoking kills” e “Obesity is now a pandemic in industrialized
societies”, per comprendere che stiamo trattando di temi prioritari e non di
aspetti voluttuari e che quindi sia necessario valutare questi prodotti in
termini farmacoeconomici, come fonte di risparmio nel prevenire conseguenze
“notoriamente” dannose alla salute, un po’ meno “notoriamente” dannose alla
società.
Maria Giulia Marini, epidemiologa
Gabriele Borro, economista politico
Ernst
& Young
8. SERT di Arezzo: ci siamo anche
noi
Nel mio servizio è ormai da tempo costituito un gruppo di
operatori che si occupa di tabagismo; lo psicologo in particolare, il dott.
Ranieri, ha tra l'altro un suo indirizzo di posta elettronica, che corrisponde
al Centro di Documentazione e ricerca sulle Dipendenze presso il SerT di Arezzo,
cui chiediamo di inviare d'ora in poi anche la newsletter. Nel ringraziarvi dell'attenzione, porgo cordiali
saluti.
Dott. Paolo Dimauro
9. Finchè c'è fame c'è speranza
Bamako, 4
giugno
Interessantissimo l'ultimo numero delle GEA-News. Complimenti sinceri.
Posso confermare che qui nei paesi del Sahel (sub-sahariani) le grandi compagnie
di tabacco stanno facendo grossi sforzi e grandi compagne pobblicitarie per
aumentare le loro vendite. Sanno bene che il terreno è fertile, nonostante il
divieto musulmano sul tabacco. Pur di vendere, tengono i prezzi al pubblico
bassissmi, facilmente abbordabili.
Buon proseguimento nelle vostre battaglie
contro 'Gerico'.
David Ferraro, missionario - Bamako,
Mali
10.
Solidarietà svizzera al Ministro Veronesi
di
ALBERTO POLLI
Pregassona (Cantone Ticino), 6
giugno 2000.
Egregio professor Veronesi, ci permetta di
esternarle alcune considerazioni in merito al problema del fumo di tabacco.
1. Innanzitutto seguiamo con piacere ma anche con
apprensione la battaglia che da anni lei conduce nella lotta contro il
cancro e di rifllesso contro il tabagismo.
2. E' giusto scindere il problema del tabagismo in
due: il fumo attivo e il fumo passivo.
3. Sul fumo attivo nessuno osa più mettere in
dubbio la nocività, ma pochi fumatori prendono seriamente in considerazione i
moniti lanciati. Si può anche ragionare egositicamente e arrendersi
all'evidenza: I fumatori non diminiscono al di sotto di una certa quota
percentuale e purtroppo la società dovrà tollerare e convivere con i danni
causati dal tabagismo.
4. Sul fumo passivo, invece, si può fare ancora
parecchio. Innanzitutto per salvaguardare coloro (e sono la maggioranza ) che
non desiderano respirare il fumo degli altri, in ambienti di lavoro e pubblici
(compresi i settori della ristorazione). In secondo luogo riteniamo che
restringere lo spazio dove si può fumare equivale a lottare efficacemente anche
contro il fumo attivo in quanto se il fumatore non può fumare sul lavoro,
sui mezzi pubblici, al cinema, al ristorante, ecc. potrà essere
incentivato a non fumare del tutto.
5. Prima di lei, a regolare il problema del
tabagismo, ci avevano provato i suoi predecessori, ma invano. Se non riuscira
lei, questa volta, non riuscirà più nessuno, in quanto lei è la massima autorità
- credibile ed autorevole - in materia, non solo a livello italiano ma europeo e
mondiale.6. Le considerazioni che ci permettiamo di esternarle qui di seguito
può usarle come meglio crede, se possono servire.
IL FUMO in ambienti chiusi
Innanzitutto si deve essere consapevoli
che:
1. L'aria è un bene primario, fondamentale e
pubblico per cui nessuno ha il diritto di inquinarla indiscriminatamente,
nemmeno il fumatore che pensa di:
- appellarsi ad una presunta libertà personale
- inquinare poco
- non recare pregiudizio agli altri
2. Inquinamento esterno e interno:
Fumare significa caricare l'aria attuale di
ulteriori sostanze inquinanti e se ciò avviene in un luogo chiuso questo atto è
pregiudizievole alla salute non solo del fumatore ma anche del non-fumatore che
per ragioni di lavoro o per altre ragioni deve condividere lo spazio
comune.
3. I motivi per cui in un ambiente chiuso
lavorativo si può ragionevolmente chiedere di non fumare sono legati sicuramente
al fastidio (nocumento) che il fumo di tabacco reca a chi non fuma: irritazione
delle mucose nasali, degli occhi, mal di testa, puzza dei capelli e dei vestiti
e altro ancora.
4. Esiste anche i Italia, probabilmente, l'obbligo
del datore di lavoro nella protezione della salute del lavoratore:
Nel Canton Ticino oggi possiamo, per ciò che
concerne gli ambienti chiusi in generale si fa riferimento all’articolo 52 della
Legge sanitaria (cantonale):
Art. 52 E’ considerato atto pregiudizievole alla
salvaguardia della salute imporre, in luogo chiuso pubblico, di uso pubblico o
collettivo, l’aspirazione del fumo della combustione del tabacco a un non
fumatore.
Entro la fine di quest'anno il termine
"pregiudizievole" verrà modificato in "nocivo" per cui il principio suonerà così
: "E' considerato nocivo alla salute imporre, ecc." e quindi sarä per noi più
facile intervenire a difesa dei non-fumatori.
11. Esulta Big Tobacco: potranno sponsorizzare senza
problemi
comunicato stampa n. 45/00 -
15 giugno 2000
L'Avvocato Generale è del parere che il
legislatore comunitario non avesse competenza ad adottare la direttiva sulla
base del fondamento giuridico in essa richiamato.
Il 6 luglio 1998 il
Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato una direttiva in tema di
pubblicità e di sponsorizzazioni aventi ad oggetto prodotti del tabacco
all'interno dell'Unione europea. Questa direttiva sancisce un ampio divieto di
pubblicizzare e sponsorizzare prodotti del tabacco. Essa è stata adottata
nell'intento di perseguire l'obiettivo, sancito dal Trattato, del mercato
interno, mediante l'armonizzazione delle normative nazionali che ostacolano gli
scambi nella Comunità. In essa si afferma che le divergenze tra tali normative
ostacolano il commercio di prodotti e servizi impiegati nella pubblicità e nelle
sponsorizzazioni aventi ad oggetto i prodotti del tabacco. Ambedue le cause riguardano la validità di questa direttiva alla luce del
diritto comunitario. Nella prima, la Germania ha proposto un ricorso dinanzi
alla Corte di giustizia chiedendo l'annullamento della direttiva. Nella
seconda causa, alcuni produttori di tabacco (Imperial Tobacco e altri) hanno
proposto un ricorso di annullamento nel Regno Unito ed il giudice nazionale ha
sottoposto alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale relativa alla
validità della direttiva.
Secondo la Germania e i produttori di tabacco,
nell'adottare la direttiva il legislatore comunitario ha esorbitato dai
suoi poteri. I principali argomenti addotti sono due: in primo luogo, la
direttiva sarebbe in realtà una misura intesa alla tutela della sanità pubblica,
i cui effetti sul mercato interno, ammesso che esistano, sarebbero puramente
accessori e, in secondo luogo, la
direttiva non sarebbe, in ogni caso, una
valida misura finalizzata al mercato interno.
L'Avvocato Generale Fennelly è
del parere che il problema centrale sia quello se il richiamo al mercato interno
costituisca di per sé un adeguato fondamento giuridico per la direttiva. A suo
parere, ove ricorresse tale premessa, la circostanza che la direttiva sia
parallelamente intesa a proteggere la sanità pubblica sarebbe irrilevante in
ordine alla sua validità.
L'Avvocato Generale è del parere che il divieto
della pubblicità del tabacco e delle sponsorizzazioni, quale è enunciato dalla
direttiva, possa considerarsi assoluto; la direttiva vieta qualsiasi pubblicità
rivolta ai consumatori effettuata da operatori comunitari al di fuori del punto
di vendita. Egli prende quindi in esame gli effetti positivi della direttiva sul
mercato interno. A suo giudizio, l'unico effetto della direttiva è quello di
precludere il commercio di beni e servizi ai quali essa fa riferimento. Secondo
l'Avvocato Generale, in forza del diritto comunitario, una misura il cui unico
effetto sia di vietare un'attività economica non può considerarsi idonea a
rimuovere gli ostacoli agli scambi da cui è affetta tale
attività.
Conseguentemente, poiché il divieto di pubblicizzazione non può
considerarsi idoneo a promuovere gli interessi del mercato interno, l'avvocato
generale Fennelly conclude nel senso che la Comunità non era competente a
disporre un tale divieto in base alle disposizioni del Trattato richiamate. Egli
propone pertanto che la Corte annulli la direttiva.
Funzioni dell'Avvocato Generale
Il compito dell'Avvocato Generale è quello di assistere la
Corte di Giustizia formulando conclusioni motivate contenenti una proposta in
ordine al modo in cui, a suo giudizio, la Corte di Giustizia dovrebbe risolvere
la causa. L'Avvocato Generale opera in piena imparzialità ed indipendenza; le
conclusioni dell'avvocato generale non vincolano la Corte di
Giustizia.
(Documento non ufficiale ad uso degli organi
d'informazione, che non impegna la Corte di Giustizia. Per il testo integrale delle conclusioni consultare la pagina www.curia.eu.int.
Per maggiori informazioni: dott.ssa Estella Cigna, tel: (00352) 4303 2582
fax: (00352) 43032734).
Commento:
[Purtroppo questa non è una
buona notizia. Abbiamo sempre dubitato che la Direttiva potesse andare a
buon fine, ma ci pareva ormai cosa fatta, approvata, e attendevamo solo il
2006 per non vedere più pubblicità nei Gran Premi. Ed invece ci sarà ancora
da battagliare, brutto termine che però rende bene l'idea.] Avv. Masullo -
Codacons.
Pari
opportunità
"Il Tabacco è la
droga delle pari opportunità per eccellenza: uccide adulti, bambini e
non-fumatori."
di Michele Wronski
Wachusett Board of Health Tobacco
Program Holden, MA USA
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